Il viaggio in Alaska di Matteo, un’esperienza straordinaria

Passiamo oltre i soliti consigli e i soliti prodotti. Vogliamo portarvi con noi nelle nostre avventure. Questa volta vi portiamo in Alaska, nel viaggio che ha fatto il nostro Matteo…

Il racconto della spedizione in Alaska – L’arrivo e la preparazione


Siamo partiti da Amburgo il 3 giugno con un volo diretto ad Anchorage e ci siamo trasferiti a Talkeetna, una piccola località di villeggiatura nel parco nazionale del Denali, utilizzata dagli alpinisti per i rifornimenti e come base di partenza delle spedizioni.

A Talkeetna avevamo fatto arrivare settimane prima un carico di materiale che ci sarebbe servito durante la nostra permanenza sul ghiacciaio. Complessivamente avremmo viaggiato con circa 60kg di materiale a testa, ben fissato sulle slitte da trainare legate in vita.

Preparare l’attrezzatura è un processo delicato, ma che mi appassiona sempre molto. Il viaggio infatti è iniziato mesi e mesi prima della partenza programmando nei minimi dettagli tutti gli aspetti della spedizione: il cibo, la traccia di salita, l’equipaggiamento, i documenti e i permessi. Bisogna immaginare tutti i dettagli in maniera minuziosa, avere l’abbigliamento adatto e l’attrezzatura migliore.

Bisogna prevedere tutto, anche gli imprevisti e come affrontarli, immaginarsi tutte le condizioni atmosferiche possibili, decidere cosa e quanto mangiare, calcolare quanti galloni di combustibile portare (il composto contenuto nei fornelli da outdoor smette di gasificare a -40 gradi, per questo motivo si usano combustibili liquidi) e per ultimo, ma non per importanza, cosa bere!

Cibo e bevande sono fondamentali non solo per alimentarsi e tenersi in forze fisicamente, ma anche per tenere alto il morale. Può sembrare banale, ma dopo settimane passate a mangiare cibo di cattivo gusto può passare l’appetito e di conseguenza compromettere tutta la spedizione.

Noi avevamo calcolato 2 pasti al giorno, una colazione e un pranzo abbondante, che di solito consumavamo intorno alle 17. Abbiamo deciso di fare scorta di buste di cibo disidratato, molto comode dal momento che basta versare un po’ di acqua calda direttamente nella busta e in pochi minuti è pronto. Anche se l’aspetto non ricorda affatto quello del cibo commestibile, devo ammettere che il sapore era veramente buono.

Alternavamo comunque il cibo in busta a dei magnifici tortellini confezionati per non dimenticare il sapore di casa. Per bere invece abbiamo pensato di sciogliere la neve a cui però aggiungere sali minerali, perché la neve da sola ne è priva.

Il racconto della spedizione in Alaska – il primo giorno


Da Talkeetna abbiamo preso un piccolo aeroplano di latta, che in due ore di volo ci ha portato direttamente sul ghiacciaio. Doveva essere solo uno spostamento, ma è stato un viaggio mozzafiato che dimenticherò con difficoltà.



Scaricati i bagagli abbiamo preparato le slitte e alle 11 circa, ci siamo messi in cammino per questa grande avventura. Ero elettrizzato. Ricordo ogni minimo dettaglio, ogni singolo passo. Camminavo con un sorriso stampato il faccia, il primo giorno non conoscevo fatica o stanchezza.

Eravamo totalmente immersi nell’Elemento, nella natura selvaggia. Dopo circa 4 ore di cammino su una sterminata distesa di ghiaccio abbiamo raggiunto il primo campo, dove, non senza difficoltà, abbiamo montato la tenda, messo al riparo l’attrezzatura da una bufera in arrivo e cucinato qualcosa da mangiare.



La prima notte ho scoperto una cosa che non avevo calcolato: a quelle latitudini il sole continua ad illuminare il cielo anche dopo il tramonto e, se non si è abituati, prendere sonno può essere un problema. Le prime notti è difficile addormentarsi con una luce simile a quella pomeridiana delle nostre latitudini.

Il racconto della spedizione in Alaska – La spedizione


L’indomani abbiamo smontato la tenda intorno alle 6 del mattino e ci siamo messi in marcia verso il campo due, con le ciaspole ai piedi e trascinando ognuno la propria pesante slitta. Intorno alle 12 abbiamo raggiunto il campo due, eravamo ancora in forze e il tempo era molto stabile.

Abbiamo deciso quindi di proseguire la marcia e di raggiungere campo tre in modo da guadagnare un giorno approfittando del bel tempo. Intorno alle 18 abbiamo raggiunto il campo dove erano già allestite una decina di tende di altre spedizioni. Eravamo ad oltre 3000 metri e la quota inizia a farsi sentire.

L’indomani ci siamo presi una giornata di relax per riposare i muscoli e dare modo all’organismo di abituarsi gradualmente alla quota. Passare un giorno intero fermi può essere snervante, ma è molto utile per evitare di affaticarsi troppo senza dover scendere ogni volta verso valle raggiunto il campo.
Lo sapevi che… esistono infatti due diversi approcci di salita: lo stile alpine e quello himalayano. Scalare in stile himalayano consiste nel raggiungere un campo alto con parte dell’attrezzatura e fare un deposito dove si intende dormire (di solito scavando una buca e sotterrando il materiale), dopo di che scendere a valle e passare la notte per poi l’indomani smontare il campo basso e tornare a dormire dove si era fatto il deposito il giorno precedente. questo metodo obbliga ad avere due tende e a percorrere due volte la stessa strada. Il vantaggio è che si ha la certezza di essere ben acclimatati, ma la spedizione dura molto più tempo e si è molto più esposti ad imprevisti. Nello stile alpino invece, è necessario viaggiare molto più leggeri portando solo l’essenziale senza fare depositi e per acclimatarsi si alterna un giorno di pausa a un giorno di scalata.

Trascorso il giorno di pausa, abbiamo smontato la tenda e raccolto il materiale per rimetterci in viaggio. Quella mattina ha fatto particolarmente freddo, un ragazzo canadese mi disse che il termometro segnava -47 gradi e smontare la tenda fu davvero difficile. Ricordo che per avere maggiore manualità dovevo togliere i guanti e quando partimmo avevo perso completamente la sensibilità alle mani.

Ci siamo messi in cammino ancora per un’altra mezza giornata, sempre ad un passo molto rallentato dai pesanti bagagli e dopo aver superato il famigerato Windy Corner, considerato per anni il luogo sulla terra con la temperatura media più bassa al mondo, siamo arrivati a campo 4, conosciuto anche come Medical Camp, dove è presente un presidio dei Rangers (le guide alpine locali) e un medico per ogni necessità.



Il campo 4 è un punto di grande passaggio, erano montate circa una 50ina di tende di spedizioni con obiettivi diversi. Qui ci siamo dovuti fermare per 5 giorni a causa di un’abbondante nevicata che avevano reso impraticabile la via di salita.

Per nostra fortuna abbiamo avuto modo di fare amicizia con una numerosa spedizione giapponese, composta da una quindicina di alpinisti, di cui la metà dipendenti di Patagonia a Tokyo. Per giorni abbiamo approfittato della loro tenda mensa in grado di accoglierci tutti e del loro cuoco che ci ha sfamato con pietanze nipponiche come se fossimo in un ristorante stellato, davvero una fortuna.



Passate le nevicate abbiamo fatto un deposito sotto la neve abbandonando le nostre slitte e gran parte del materiale in modo da essere più leggeri per “l’attacco alla vetta”. La prima difficoltà è stata superare una parete verticale di quasi 600 metri attrezzata con delle corde fisse. Una volta superata abbiamo percorso una magnifica cresta aerea che ci ha portati al quinto ed ultimo campo, ad oltre 5000 metri. Ricordo quella notte come una delle più fredde e il respiro era reso difficile dalla mancanza di ossigeno nell’aria.



Il racconto della spedizione in Alaska – Il Denali


Giovedi 20 giugno alle prime luci dell’alba siamo partiti con l’obiettivo di raggiungere la cima del Denali. La prima difficoltà è stata un traverso molto esposto da attraversare completamente in ombra, quando la neve è ancora ghiacciata, rendendo fatale ogni errore. Una volta superato siamo sbucati sulla dorsale che affaccia sull’ultima lunghissima cresta.
Ricordo raffiche di vento fortissime che ci impedivano di fermarci a riposare, li tutte le cordate partite la mattina insieme a noi hanno deciso di ritornare indietro e siamo stati gli unici a proseguire.



Dopo circa otto ore siamo riusciti finalmente a vedere la cima della montagna. Eravamo a più di 6000 metri di altezza; a quella quota c’è meno della metà di ossigeno nell’aria, il sangue è denso come se fosse miele e tutti gli organi fanno moltissima fatica a lavorare. Abbiamo fatto un’ultima pausa, mangiato qualcosa, ci siamo fatti forza a vicenda, perché manca davvero poco.

Ci siamo slegati perché ormai ognuno doveva procedere al proprio passo. Ho stretto i denti ancora qualche ora e finalmente Ho raggiunto la cima. Sono scoppiato a piangere e la tensione finalmente si è sciolta. Mesi di preparazione, tutti gli allenamenti, i soldi risparmiati, tutti i sacrifici mi hanno portato qui, in cima.  



Ci siamo abbracciati, abbiamo scattato qualche foto, mangiato un boccone e siamo scesi direttamente al campo 4. L’indomani ci aspettava una lunghissima discesa di quasi 20 ore fino al campo base, dove abbiamo chiamato con il telefono satellitare il nostro areoplanino, che è tornato a prenderci per riportarci a casa, dopo 13 giorni di Avventura.



Il racconto della spedizione in Alaska – i 3 capi indispenabili che Matteo ha portato con sè

Affrontare un'avventura di queste proporzioni non è uno scherzo. E Matteo lo ha detto: servono le attrezzature migliori. Gli abbiamo chiesto quali sono i capi Patagonia che ha portato con sè.

GRADE VII DOWN PARKA - Piumino per alta quota, super comprimibile e leggerissimo con imbottitura 800 fill power e esterno in Pertex Quantum, un nylon estremamente sottile ma molto performante. Per le avventure più estreme

HOUDINI JACKET - Giacca antivento  super minimal. Comodissimi perchè pesa pochi grammi e si ripiega fino a diventare poco più grande di uno smartphone. è sottile come un foglio di carta ma altamente termoisolante per permettere ai capi sottostanti di dare il meglio.

TRIOLET PANTS - Pantaloni impermeabili in Goretex 3 strati, sono considerati i più robusti e resistenti alle frizioni meccaniche secondo Patagonia, perfetti per una spedizione di più giorni. Le zip laterali a tutta gamba permettono di indossarli velocemente anche senza togliere scarpe o sci.





 
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